top of page

Comunicato stampa

 

 

Roma, via Fonteiana 86, qui Pasolini ha scritto "Le Ceneri di Gramsci”

 

Fotografie di Monica Cillario con testi di Fulvio Abbate

Galleria “Monserrato Arte 900”, martedì 3 maggio 2011, dalle ore 18,00

 

  Scrive Fulvio Abbate: “Via Fonteiana, vista con gli occhi del presente, è una strada per ceti medi. Era invece il 1955 quando lo scrittore Pier Paolo Pasolini e sua madre Susanna Colussi, insegnante, presero a cercare un affitto, qualcosa di “decoroso”. Lo trovarono appunto al civico 86 di via Fonteiana, fra piazza Ottavilla e piazza Fonteiana, poco prima della discesa ulteriore di via Abate Ugone, la borgata di Donna Olimpia, dove, fra l’altro, si svolge il romanzo “Ragazzi di vita”. Un parallelepipedo intonacato d’ocra, senza particolari segni di estro architettonico, eppure dall’ingresso spazioso, luminoso, nel quale la famiglia Pasolini poté prendere subito posto. Un vecchio quaderno delle elementari mostra i cognomi degli inquilini freschi allora di contratto: in corrispondenza del quarto piano, accanto al numero dell’interno 26, appaiono le generalità di “Pasolini Carlo Alberto”, il padre dello scrittore, ufficiale di fanteria a riposo, “il Colonnello Attaccabottoni” lo chiamava lo scrittore Carlo Emilio Gadda, vicino di caseggiato. Segno che fu l’uomo, dopo essersi ricongiunto con la famiglia fuggita nel 1950 dal Friuli per venire a Roma dopo uno scandalo che riguardava l’omosessualità del giovane Pier Paolo, a firmare l’atto, il contratto d’affitto. Appena due stanze, cucina, bagno e un balcone stretto che s’affaccia su via Innocenzo X, le mattonelle celesti adorate dai piastrellisti degli anni Cinquanta, gli infissi degli stessi tempi, un’aria da immanente di “smorzo”, per intendere un deposito di materiali edilizi di risulta dove i poveri cercano di risparmiare sui costi. Giù nell’atrio, i proprietari del palazzo, in occasione del trentesimo anniversario della scomparsa dello scrittore, nel novembre del 2005, hanno fissato una targa di marmo; serve a ricordare che dal 1955 al 1959 Pier Paolo Pasolini ha abitato in quel palazzo, seguono i versi “Com’era nuovo nel sole Monteverde Vecchio!” Già utilizzati per la targa apposta dal Comune di Roma in via Giacinto Carini, la seconda e più nota residenza monteverdina dello scrittore. Perfetti, certo, eppure, se solo il condominio fosse andato a cercare fra le “Ceneri”, scritte proprio in quel luogo, sarebbero saltate fuori altre sue parole dove la strada trova se stessa e il proprio magnificat: “Ed ecco la mia casa, nella luce marina/ di via Fonteiana in cuore alla mattina”. In verità, come ricorda la portinaia ancora lì in servizio, “i Pasolini andarono via solo nel 1960”, e ancora ricorda di quando rincasando alle 4 del mattino, privo di chiavi, si attaccava al suo citofono. “Signor Pasolini, la pregherei di non suonare più in piena notte, così facendo mi sveglia il bambino, grazie”. La supplica, dopo numerose effrazioni al rispetto del sonno della famiglia dei custodi, verrà infine esaudita”.

Monica Cillario ha fotografato i dettagli, ciò che resta di un paesaggio concreto e insieme epocale e poetico, ha cercato di restituire l’assenza, le ombre, un cosmo condominiale che ancora adesso suggerisce l’emozione dell’infanzia di un paese diviso fra memoria “civile” e indifferenza.

 

 

 

 

Nota biografica di Monica Cillario

È nata a Torino il 24 aprile 1967, vive fra Roma e Montecarlo, è una fotografa e pubblicista free-lance.

 

Nota biografica di Fulvio Abbate

Fulvio Abbate è nato a Palermo nel 1956, e vive a Roma. Scrittore, ha pubblicato, fra l’altro, i romanzi “Zero maggio a Palermo” (1990), “Oggi è un secolo” (1992), “Dopo l’estate” (1995), “La peste bis” (1997), “Teledurruti” (2002), "Quando è la rivoluzione" (2008). E ancora, “Il ministro anarchico” (2004), “C’era una volta Pier Paolo Pasolini” (2005), “Sul conformismo di sinistra” (2005), “Roma. Guida non conformista alla città” (2007), “Manuale italiano di sopravvivenza. Come fare una televisione monolocale e vivere felici in un paese perduto” (2010). E’ commentare de “il Fatto Quotidiano”. Teledurruti è la sua televisione “monolocale” che vive in rete, www.teledurruti.it

 

© Copyright
bottom of page