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Immagine del redattoreMonica Cillario

Giovanni Gastel, la fotografia è una scelta di solitudine.

Ho sempre amato molto non solo il lavoro fotografico di Giovanni Gastel, ma proprio Giovanni Gastel come persona; tante sono le cose della sua attività ma anche del suo carattere che mi hanno colpita nel corso degli anni. Ciò che di lui mi ha indubbiamente più incuriosita è però la sua convinzione che in realtà la fotografia nasca oggi.

Ossia, lui ritiene che l’elettronica legata alla fotografia in qualche modo segni la nascita della fotografia e la sua trasformazione in linguaggio.


In un’intervista rilasciata ad Enrico Ratto (“Giovanni Gastel: non c’è limite alla creatività”, di cui consiglio la lettura integrale reperibile su internet), Gastel ha affermato che: “attraverso gli iPhone noi parliamo al mondo tramite le fotografie”.

Il fatto che oggi tutto il mondo abbia una macchina fotografica lo rende felice, perché quando insegnarono a scrivere a tutti, gli scribi pensarono che sarebbe stata la fine e invece fu proprio lì che nacque la scrittura.

Gastel è convinto che “la fotografia si sta liberando e ci sarà spazio solo per la fotografia autoriale”.

Io tendenzialmente credo che non abbia torto ed è per questo che mi sono sempre domandata se, a conti fatti, lui consiglierebbe di diventare fotografo a qualcuno che comincia oggi a muovere i primi passi nell’affascinante ma difficile mondo della fotografia.

La fortuna mi ha aiutata poiché ci siamo entrambi ritrovati a Monte Carlo, ai primi di giugno, quando nel Principato di Monaco si è svolta la Monte Carlo Fashion Week, organizzata dalla Chambre Monégasque.

Il 3 giugno, nell’originale cornice del Museo Oceanografico, oltre alle sfilate, c’è stata anche la consegna dei Monte Carlo Fashion Week Award. I premi quest’anno sono stati assegnati allo stilista tedesco Philipp Plein, alla stilista romana Stella Jean e, appunto, al fotografo milanese Giovanni Gastel.

Gastel ha ricevuto il premio alla carriera per il suo impegno e la sua professionalità nel contribuire con il suo lavoro alla diffusione della moda nel mondo.

L’ho incontrato subito dopo il ritiro del premio e gli ho potuto finalmente fare alcune brevi, domande.

od: Sarai contento di aver ricevuto questo premio...

Giovanni Gastel: ma molto, certo.

od: Come si diventa Giovanni Gastel?

GG: Come cerco di spiegare sempre ai ragazzi, io penso che bisogna solo fare molto bene quello che vuoi fare e non pensare né al successo, né tanto meno ai soldi - soprattutto all’inizio- e la fotografia deve diventare una necessità, non un lavoro; per me è necessario far foto, perché altrimenti sto male e non so nemmeno che cosa sono, se sono opere d’arte o no (non mi interessa tanto questo), io so solo che se faccio le foto sto bene, se no sto male.

od: Quando hai iniziato? Quand’è che hai capito che la fotografia era il tuo mestiere?

GG: Oh, da piccolissimo; io scrivevo poesie, avevo già pubblicato un libro da ragazzino, poi c’era questa mia fidanzata che si annoiava molto a stare con i poeti: mi ha rotto le palle, avevo 16 anni, perché facessi il fotografo, cosa che poi ho cominciato a fare da solo, a 17 anni.

od: Allora dobbiamo ringraziare una ragazza.

GG: Sì, assolutamente; lei si annoiava molto a stare con i poeti, poi però mi ha lasciato e ha sposato un notaio e allora non ho capito bene, perché, insomma, i notai non è che siano proprio il massimo del divertimento, direi che sono ancora meglio i poeti; comunque mi ha lasciato questo meraviglioso regalo che è la fotografia.

od: Beh, ripeto, penso che dovremmo ringraziarla tutti. Consiglieresti questo lavoro a dei giovani che iniziano adesso?

GG: Io lo consiglio, però in questo lavoro, per aver successo, devi lavorare sulla tua differenza; è una scelta che in parte è anche una scelta di solitudine, devi uscire dal gruppo, scavarti molto dentro, trovare cosa sei, che aggettivo ti definisce: sono timido, aggressivo, arrogante... e su quell’aggettivo costruire la tua estetica.

od: Ultimissima domanda: sei felice di essere Giovanni Gastel?

GG: Guarda, se a 12 anni, quando ho cominciato a recitare a teatro, tu mi avessi chiesto come avrei potuto immaginare la mia vita a 60 anni, sarebbe stata questa e credo che sia un privilegio incredibile e ringrazio Dio o chi per esso insomma, e poi anche il mondo della moda che ha finanziato i miei sogni e li ha resi possibili.

od: E tu poi hai fatto sognare tutti quanti noi e continui a farlo.

GG: Speriamo, speriamo.


Monica Cillario per Osservatorio Digitale - Giugno 2016

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